I PRIMI FUCILI SUBACQUEI ITALIANI

Luigi Fabbri

 

Nelle ère preistoriche tanti nostri antenati un po' scimmieschi bazzicavano certamente tra le sabbie e gli scogli lasciati scoperti dalla bassa marea per afferrare, sempre affamati, granchi fuggenti o qualche pesciotto rimasto intrappolato nelle pozze. Usavano le mani per acciuffare le prede, poi passarono ad acuminate lance di bambù. Persi col tempo alcuni dei loro tratti particolarmente forestali e nominatisi uomini, s'inventarono aggeggi più redditizi come le reti e il tridente, immortalato dal dio Nettuno equivalente di Poseidone. Molto molto oltre hanno tentato di realizzare strumenti maggiormente precisi e di lunga gittata rispetto all'arpione lanciato col braccio ed un paio di secoli fa, o giù di lì, si sono cimentati con piccoli archi da utilizzare nei brevi tuffi sott'acqua, realizzati con le stecche dell'ombrello di casa e abbastanza idonei a infilzare qualche salpa o pigri scorfani. Lo facevano ormai per sport piuttosto che per fame e per questo si dedicarono con grande passione a migliorare la loro attrezzatura di cacciatori del mare, provvedendosi anche di cose da fissare ai piedi per aumentare la loro propulsione in immersione. Di questa scarna genìa di inventori-cacciatori del mare, un giorno ancora lontano definiti subacquei, faceva parte pure un ragazzotto istriano di nome Ludovico Mares, trasmigrato in età adulta in quel di Rapallo sulla Liguria di Levante. Fondò lì nel 1949 una piccola azienda col suo nome, facendo concorrenza a tale Egidio Cressi che lo aveva preceduto di quasi un decennio come semisconosciuto artigiano, divenuto da tre anni anch'esso titolare di una piccola ditta chiamata Il Pescatore Subacqueo.
Tutti e due producevano maschere e pinne, poi fucili che ebbero successo, ma nessuno di loro ne era stato l'inventore.
Era avvenuto che a fine anni "30 filtrassero notizie dalla vicina Costa Azzurra di un fucile per la caccia ai pesci appena inventato dal francese di origine russa Alec Kramarenco il quale aveva perfezionato, applicandovi un'impugnatura tipo pistola, il raffinato attrezzo a molla uscito poco prima dalle mani di Raimond Pulvenis (fig. 1).

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fig. 1 - Il pre-fucile di Raimond Pulvenis

Subito l'intraprendente genovese Cesare Malagamba ne ottenne la licenza di costruzione, era il 1938. Senonché di artigiani come lui era ricca tutta la zona e il fucile Malagamba (fig. 2-3) ispirò altre realizzazioni analoghe.

 

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fig. 2 - Malagamba fig. 3 - Malagamba - particolare fig. 4 - Cressi Cernia Sport

Tra queste fecero presto a imporsi i prodotti di Egidio Cressi, impiegato di banca di giorno e artigiano la sera. Tra il 1942 e il 1944 dalla sua officina escono il Siluro, il famosissimo Cernia Sport lungo 2 metri (fig. 4) e il Saetta di 140 centimetri col fratellino Saetta Corto lungo la metà (fig. 5), tutti dotati di molla a compressione e targati "Il Pescatore - Cressi". Nome che cambierà poco dopo, quando l'impiegato di banca rinuncia alla sua scrivania per dedicarsi completamente alle cose subacquee, fondando la ditta "Cressi Sub - Il Pescatore Subacqueo" con sede a Genova in Corso Torino 38, come documenta lo storico Franco Martini. La serie dei Cernia e Saetta si allunga e perfeziona, il sistema a molla in Italia non è messo in discussione, finché a proporsi come alternativa tecnica non arrivano i primi fucili a elastici marcati Mares. Sono il July del 1950 seguito dal Juni (fig. 6), armi semplicissime di media potenza, ma il mercato chiede ancora la molla ed allora Mares offre l'Abel, poi nel "51 l'August lungo seguito dall'August pistola (fig. 7)

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fig. 5 - Cressi Saetta corto fig.6 - Mares Juni fig. 7 - Mares August pistola
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fig. 8 - Artigianale a canna fissa fig. 9 - Artigianale a canna ripiegabile fig. 10 -  Artigianale a canna ripiegabile - particolare

Di Malagamba dopo qualche tempo non si sentì più parlare, ma in quegli anni "40 e "50 apparvero non solo a Genova e dintorni diversi altri artigiani bravissimi e ben presto dimenticati, capaci di produrre pezzi unici o miniserie di fucili venduti direttamente a chi glieli chiedeva. Di loro ci restano solo alcuni nomi, disegni, qualche bel pezzo da collezione (fig. 8-9-10) .
L'Anyfish, al contrario degli altri, era un fucile a elastici di tipo roller a impugnatura posteriore e corpo a sezione quadrata, lungo 80 centimetri. Del Pizzutti abbiamo soltanto l'opuscolo del 1949 dove sono raffigurati 5 modelli, tra cui un fucile a cannocchiale per la caccia dalla superficie e un altro a due canne (fig. 11-12-13). Poi nel 1950 una tale ditta Fiap produsse il Baleno, attrezzo con molla a compressione lungo 178 centimetri e divisibile in due allentando due viti e un nottolino davanti all'impugnatura (fig 14-15). Sempre in quei primi anni "50 nasce a Genova l'Aquatic e presenta il Marte e il Supermarte, due classici a molla con lunghezze da 110 a 200 entimetri.

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fig. 11 - L'Anyfish a elastici fig. 12 - Particolare dell'Anyfish fig. 13 - L'opuscolo di Pizzutti
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fig. 14 - Fiap Baleno fig. 15 - Fiap Baleno particolare

 

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Roma non vuole sfigurare e con la Siama presenta nel "50 il Barracuda a molla, seguito dall'Express con surpressore e dall'Albatros a molla ad estensione impreziosito da particolari in ottone (fig. 16-17). Sempre nella capitale si occupa per un momento di fucili anche la notissima Salvas, producendo a quanto pare  il SuperBucher, il fucile a molla con surpressore a cremagliera voluto da Raimondo Bucher nel 1951 (fig. 18-19). Tornerà ad occuparsi di questo settore oltre dieci anni dopo, sfornando dalla sua fabbrica di Castelnuovo Scrivia l'S1 con serbatoio di aria precompressa.

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fig. 16 - Siama Albatros fig. 17 -  Particolare del Siama Albatros
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fig. 18 - Salvas Superbucher fig. 19 - Particolare del Salvas Superbucher
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fig. 20 - Molgora Nettuno fig. 21 - Piovan Folgore


Nel "56 l'azienda di giocattoli Molgora propone il Nettuno Kid, un fucilino a molla per ragazzi lungo 55 cm e con l'impugnatura posteriore (fig. 20), mentre la padovana Piovan lancia il Folgore da 80 e da 120 cm a impugnatura centrale e molla ad estensione, con aggancio dell'asta e sicura posteriori (fig. 21). Pirelli si affaccia anch'essa a questo mondo e propone il suo primo  fucile, un classico a molla a compressione.
Tuttavia nella caccia subacquea qualcosa è cambiato e le aziende se ne accorgono, per molti sub la caccia è soprattutto ricerca della preda con la "P" maiuscola da insidiare con fucili di massima potenza. In Mediterraneo e soprattutto nei mari tropicali, dove le dimensioni delle catture  consentono foto ricordo di grande impatto (fig. 22).
Il sistema a CO2 pare la soluzione ideale, così nel 1951 Cressi mette a catalogo l'Aer 51 caricabile con cartucce mignon monocolpo, quelle usate per il seltz allora di moda. Lo stesso fa Mares nel 1953 con il May (fig. 23) seguito dal May Stuart, dotati però di un capiente serbatoio.

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fig. 22 - Cernia gigante delle Bahamas

L'anno dopo arriva il potentissimo Super Tum a CO2 dell'ing. Costantino Veraldi di Torino, collaudato a 300 bar con serbatoio sostituibile (fig.24) e nello stesso anno si fa avanti la neonata Mordem di Demetrio Morabito con la novità per l'Italia di un'arma a cartuccia esplosiva. È il Razzomare (fig. 25), che in breve si farà notare con l'affascinante doppietta (fig. 26), con la pistola (fig. 27) e con la versione lancia-arpioni per la caccia dalla barca, dotata di calcio e grande avvolgisagola anteriore. Anche la Mares segue per un po' questo indirizzo con il Bestmare a cartuccia del "54 e poi con il Rapallo , ma vi rinuncia preferendo la CO2 del May. Più tardi si impegnerà con la CO2 persino la torinese Bicchiarelli di solito in tutt'altre cose affaccendata, presentando nel "60 l'elegante Corsair (fig. 28).

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fig. 23 - Mares May fig. 24 - Veraldi Supertum fig. 25 - Mordem Razzomare 
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fig. 26 - Mordem doppietta fig. 27 - Mordem pistola fig. 28 - Bicchiarelli Corsair

Diversa la strada intrapresa nel frattempo dalla ditta Alcedo sempre di Torino, produttrice affermata di mulinelli e altro per la pesca con la canna. Sfruttando al meglio i progetti contenuti nel brevettio dell'ing. Carlo Alinari depositato nel 1954, inizia l'anno dopo la produzione del prestigioso fucile idropneumatico Hydra, sviluppatosi in diversi modelli successivi (fig. 29-30). Da notare che Alinari è lo stesso destinato a diventare noto a livello mondiale quale progettista del Decompressimetro presentato quattro anni dopo dalla Sos, azienda di cui è titolare insieme all'ing. Aldo De Sanctis.

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fig. 29 - Alcedo Hydra primo fig. 30 - Alcedo Hydra 62 fig. 31 - Cressi Cernia Velox

 

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Gli amanti dei fucili a molla, molto più robusti e semplici da gestire, certamente non si arrendono. Infatti nel 1959 la Cressi promuove il notevole Cernia Velox (fig. 31), mentre l'anno successivo la ditta Zangi esce con il potente Hunter dotato di molla a compressione con riduttore di potenza e lo abbina poco dopo al mostruoso Hunter 2 a due canne con doppio riduttore (fig. 32). Senza considerare lo spaventoso Comet di Galeazzi rimasto a livello di prototipo, assolutamente unico per il sistema di carica della potentissima molla tramite l'aria compressa della bombolina posteriore (fig. 33).

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fig. 32 - Zangi Hunter doppietta
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fig. 33 - Galeazzi Comet

Le leggi italiane ed europee vietano però l'utilizzo di armi che non richiedano la forza muscolare per essere caricate, in quanto considerate "non sportive". Di conseguenza spariscono dal mercato i modelli a CO2, a cartuccia esplosiva, ad aria precompressa. E dopo un breve periodo di grande furore vanno in netto declino i fucili superpotenti, del tutto inutili anche per le prede più grosse dei nostri mari e causa solo di dispiaceri per la grande massa dei cacciatori. Centrando infatti un pinnuto di piccole dimensioni lo facevano a brandelli, mentre colpire una roccia significava distruggere la fiocina o l'arpione, o peggio.
Il fucile a elastici, protagonista in Francia e altrove, non ha grande seguito in Italia. La Mares, dopo il June ed il July  iniziali, rimetterà a listino un modello a elastici soltanto tra una dozzina d'anni. Cressi aveva preferito a metà anni "50 un percorso tecnico differente con il Mignon ed  il Jolly nei quali gli elastici erano interni, attrezzi interessanti ma anche questi dal successo molto limitato.
Le nuove normative inducono a uscire dal mondo della caccia subacqua nomi quali Siama, Sporting, Bicchiarelli, Cirio, Galeazzi, Alcedo, Pirelli, Zangi, settore nel quale erano stati attratti dalla sua continua espansione. In compenso  in questo decennio vedono la luce nuovi marchi quali Technisub, Tigullio, Tecnisport, che subito si fanno notare per la loro creatività.
Ad andare per la maggiore in Italia sono ormai i fucili oleopneumatici ed a lanciarli prepotentemente sono state le due aziende leader Mares e Cressi, seguite da Technisub.

 

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fig. 34 - Mares Jet A fig. 35 - Mares Ministen fig. 36 - Cressi Lampo 130
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Mares abbandona i May a CO2 e presenta nel 1961 l'oleopneumatico Jet A (fig. 34), primo di una serie che proseguirà con il Jet B e i Superjet, poi sostituiti dai Vico, dai Titan, dagli infiniti Sten (fig. 35). Cressi a sua volta lascia perdere il progetto del fin troppo sofisticato Lampo (fig. 36), uscito solo in pochi esemplari di collaudo, e presenta nel "64 la pre-serie dei Mach destinati a un grande avvenire (fig. 37), seguiti dai Kid e dai Jumbo. Mordem, in cerca come sempre di soluzioni originali, sforna il Molac (fig. 38), basato sul principio del torchio idraulico.

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fig. 37 - Cressi Mach 0,9 fig. 38 - Mordem Molac 
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La Technisub nata da un paio d'anni si mette subito in mostra con il Jaguar del "64 (fig. 39) proposto in diverse versioni, seguito dai Puma, dai Panther, dai Jeans. A Milano la ditta Petrali offre il Tahiti Air (fig. 41) in quattro lunghezze per accontentare ogni esigenza e allo scadere degli anni "60 la Longo Sub propone il Thomas (fig. 40), dedicato al suo dipendente Tomassini.

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fig. 39 - Technisub Jaguar fig. 40 - LongoSub - Thomas fig. 41 - Petrali Tahiti

La prima metà del decennio successivo conferma queste tendenze, la subacquea ha imboccato la via dell'industrializzazione sulla spinta dell'inarrestabile crescita del settore. I sub sono ancora in larga parte cacciatori, l'abbinamento fucile-bombole è la norma, il ritorno in superficie con la preda è lo scopo di molte immersioni. Altre aziende si mettono in gioco, il fucile pneumatico si trova in una miriade di tipi e modelli.
Poi in poco tempo cambia tutto. Intorno al 1975 entra in campo una parola, ecologia, fino a quel momento reperibile solo nei vocabolari. L'ecologia prende le parti dei pesci, dell'ambiente e porterà anche in Italia alla proibizione della caccia con l'autorespiratore. A questo si sommano rapidissimi altri sconvolgimenti epocali e ben presto ci si accorge che la subacquea è entrata in una nuova èra. La caccia passa in secondo piano, nelle pubblicità  e nell'immaginario comune il fucile e il pesce arpionato fanno ormai parte dei simboli del passato.

 

Nota: Tutti i fucili raffigurati o nominati nell'articolo sono presenti sul questo sito nella sezione Schede Techniche. Il fucilino decorativo nel riquadro di presentazione è di Federico de Strobel.

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