Recentemente ho avuto l'opportunità di smontare e visionare internamente uno stranissimo erogatore a doppio tubo che il mio amico giornalista e collezionista Luigi Fabbri ha recentemente rilevato dalle figlie del pioniere fiorentino della subacquea Giuliano Miniati (vedi Figura 1), personaggio molto noto tra i subacquei nostrani fin dalla fine degli anni ’50 e venuto a mancare poco tempo fa. Quando Fabbri ebbe l’opportunità di visionare e fotografare nel 2009 la collezione di Giuliano Miniati, si trovò di fronte ad una specie di “antro delle meraviglie”, un luogo assolutamente incredibile per il numero e la rarità delle attrezzature raccolte da Miniati in alcuni decenni di attività nell’ambito della subacquea fiorentina (vedi Figura 2). Oggi questa raccolta non esiste più essendo stata progressivamente venduta negli anni a diversi collezionisti dopo il ritiro di Miniati dall’attività operativa.
Figura 1 | Figura 2 |
Luigi aveva avuto modo di fotografare questo esemplare, identificato nella targhetta frontale come Nettuno II (vedi Figura 3 e Figura 4), già qualche anno fa insieme ad altri pezzi unici appartenenti alla collezione di Miniati, pezzi che sono visibili sul suo coltissimo e vastissimo sito www.blutimescubahistory.com.
Figura 3 | Figura 4 |
L’erogatore Nettuno II, insieme ad alcune custodie videosub, qualche strumento e poco altro, era tra gli ultimi pezzi della collezione originale, pezzi messi in vendita recentemente dalle figlie di Miniati.
Purtroppo, al di là delle foto raccolte da Luigi, nessuna altra informazione era disponibile su questo erogatore né è stato possibile successivamente reperire indicazioni di sorta su cataloghi, listini e quant'altro. L’unica citazione che sono riuscito a reperire su questo pezzo è tratta da un breve scritto a firma Giuliano Miniati, anch’esso ricevuto dalle figlie, nel quale il pioniere fiorentino descrive i suoi problemi di gioventù con la compensazione. Ad un certo punto racconta:”...I miei successivi acquisti furono una muta Pirelli usata che pagai Lire 10.000, un monobombola da dieci litri e un erogatore Nettuno costruito a Torino per Lire 20.000 e così cominciai ad andare sott’acqua al Tino dove c’era un fondale meraviglioso…”. L’informazione sulla presunta azienda torinese che avrebbe costruito il Nettuno mi ha suggerito di cercare qualche notizia presso vecchi subacquei di quella città e di mia conoscenza ma purtroppo non ho trovato alcun riscontro in quella direzione.
Venuta meno ogni velleità di reperire informazioni utili sulla provenienza di questo erogatore, la mia speranza era che lo smontaggio e l'osservazione degli elementi interni dell'unità potessero consentirmi di trovare indizi utili a collocare questo apparecchio nel suo corretto contesto storico-commerciale. Purtroppo, come vedremo nella parte successiva dell’articolo, le informazioni raccolte durante lo smontaggio dell’unità non sono state sufficienti a trovare prove certe sull’origine di questo modello e, in certi casi, hanno anche generato altre domande che restano ancora senza una risposta.
Analizziamo ora in dettaglio ciò che è emerso durante lo smontaggio dell’apparecchio.
a) Il boccaglio è marcato Spiro-Sub (vedi Figura 5 e Figura 6), ed è noto che questo marchio era posseduto dalla Cressi la quale lo impiegò per la commercializzazione di attrezzature prodotte da altre aziende, tra le quali c'era anche La Spirotechnique.
Figura 5 | Figura 6 |
La ditta francese concesse, a partire dal 1959 e proprio alla Spiro-Sub la costruzione su licenza del famoso Mistral. Questa versione era quasi identica alla versione francese a parte per il boccaglio, che la Spiro-Sub propose in due versioni “custom”: una base senza valvole “acquastop” ed una con snorkel integrato e pulsante di commutazione superficie-immersione, per la speciale valvola di scarico a funghetto e per la targhetta di identificazione (vedi Figura 7, Figura 8, Figura 9 e Figura 10).
Figura 7 | Figura 8 |
Figura 9 | Figura 10 |
b) Il meccanismo interno dell'erogatore (vedi Figura 11) è quasi identico a quello del Mistral a parte l'assenza dell'ugello dell'effetto Venturi e del sistema di regolazione della posizione della leva superiore di erogazione (vedi Figura 12).
Figura 11 | Figura 12 |
c) I tubi corrugati, la membrana principale e la valvola di scarico a becco d'anatra sono uguali a quelle del Mistral (vedi Figura 13 e Figura 14).
Figura 13 | Figura 14 |
d) I semi-gusci anteriore e posteriore che formano il corpo dell'erogatore sono diversi sia da quelli del Mistral che da quelli del Royal Mistral (vedi Figura 15 e Figura 16). Ho analizzato decine di altri modelli disponibili sul mercato tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 ma non ho trovato corpi assolutamente uguali a quelli dell'esemplare in questione. Ciò fa pensare che questi due componenti fossero costruiti “ad hoc” per il Nettuno II.
Figura 15 | Figura 16 |
e) Anche la staffa di collegamento alla rubinetteria della bombola e la vite a testa esagonale di manovra sono simili ma non completamente uguali a quelli del Mistral (vedi Figura 14).
f) Gli adesivi interni ed esterni visibili nelle foto (tra cui quello del nome Nettuno II) sembrano provvisori ed ottenuti probabilmente da prototipi stampati su pellicole cartacee e poi protetti con uno strato di resina (vedi Figura 15, Figura 17 e Figura 18).
Figura 17 | Figura 18 |
Osservando gli adesivi posti all’interno del semi-guscio anteriore un paio di domande sorgono spontanee: come mai in un modello “made in Italy”, come chiaramente indicato nella targhetta frontale e che probabilmente era a livello di prototipo o al massimo di pre-serie, il costruttore ha deciso di applicare addirittura un adesivo in lingua Inglese? Forse questo era semplicemente tratto da un’altra applicazione e adattato allo scopo. Ed ancora: cosa indica il numero “1061” applicato nella parte inferiore interna del semiguscio anteriore? Se, come posso ipotizzare, si tratta di un numero di matricola, che corrispondenza può avere un numero del genere con il fatto che siamo probabilmente di fronte ad un esemplare prototipale o di pre-serie? E’ vero che in altre applicazioni simili di quel periodo i numeri di matricola venivano normalmente fatti iniziare non da uno, come sembrerebbe logico, ma da valori molto più alti e quindi come avrebbe potuto essere ad esempio il numero 1000.
Ed infine l’ultima e del tutto legittima domanda: se questo esemplare è denominato Nettuno II allora è esistito anche un modello precedente chiamato Nettuno o Nettuno I? A nostra conoscenza di questo modello non abbiamo trovato alcuna traccia. Come anticipato e come si può constatare l’analisi interna di questo esemplare ha fatto sorgere ulteriori domande più che fornire risposte.
Pertanto, con i pochissimi elementi disponibili ad oggi posso soltanto ipotizzare che questo esemplare fosse un prototipo realizzato dalla Cressi e consegnato a Giuliano Miniati per la campagna di test e prove prima della decisione di mettere eventualmente in produzione questo modello. Questa ipotesi è del tutto logica proprio a causa dell’assoluta mancanza di ogni riferimento all’azienda produttrice, sia all’interno delle targhette di identificazione, che in qualsiasi altra area dell’apparecchio. In altri termini nessuno, al di fuori di una stretta cerchia di persone che lavoravano al progetto di sviluppo e validazione, doveva sapere che l’azienda stava sviluppando un suo prodotto in alternativa a quello che stava commercializzando nello stesso periodo su licenza. E’ poi probabile che altri esemplari prototipali siano stati prodotti dalla Cressi nello stesso periodo a scopo di test e prove e magari messi a disposizione di altri noti personaggi della subacquea con i quali l’azienda genovese aveva rapporti di fiducia. Magari tra questi c’era anche una versione precedente dello stesso erogatore identificata come Nettuno o Nettuno I. Di questi eventuali ulteriori prototipi non ho purtroppo trovato alcuna traccia.
Tutto questo teorema è basato sul fatto che La Spirotechnique, dopo pochi anni di collaborazione con la Spiro-Sub, stava pensando di assegnare i diritti di distribuzione dei propri prodotti (tra i quali appunto il Mistral prima e il Royal Mistral poi) alla Technisub, l'azienda di attrezzature subacquee fondata da Luigi Ferraro nel 1962. Questa decisione era basata soprattutto sugli ottimi rapporti tra Ferraro e Cousteau, quest’ultimo anche presidente dell’azienda francese, che facevano entrambi parte del consiglio direttivo della neonata CMAS. Era quindi probabile che la Cressi stava pensando ad un suo prodotto da commercializzare al posto del Mistral concesso su licenza. Poi sappiamo che la Cressi in realtà non produsse mai erogatori a due tubi ma partì direttamente nel 1963 con un modello a frusta singola prodotto inizialmente da Scubapro, modello che successivamente personalizzò e produsse in proprio (vedi Figura 19 e Figura 20).
Figura 19 | Figura 20 |
Chiudiamo questo articolo con l’auspicio che tra coloro che lo leggeranno ci sia qualcuno in grado di fornire ulteriori dettagli ed informazioni su questo erogatore e tutti i modelli prototipali ad esso collegati.
____________