RESTAURO DELL'AUTORESPIRATORE RAID TECHNISUB by Maurizio Baldinucci

Inviato da Anonimo il Sab, 09/23/2023 - 16:47

L’autorespiratore Raid Technisub (vedi Figura 1) entra in scena nel 1972 e, rispetto alla produzione di attrezzature subacquee dell’epoca, si distingue per le sue soluzioni estetiche e costruttive decisamente accattivanti ed originali anche se non tutte necessariamente valide e gradite dagli utenti. I colori disponibili per il guscio superiore di protezione in plastica erano il giallo (colore standard), il rosso, il bianco ed il grigio.

Figura 1

Anche l’azienda Genovese ne sottolineava le superiori caratteristiche in termini di idrodinamicità (suppongo che RAID stia per Respiratore ad Aria IDrodinamico), resta qualche dubbio su quanto questo aspetto fosse realmente fondamentale in un contesto nel quale la velocità tipica di avanzamento è così bassa da rendere quasi indistinguibile la riduzione di resistenza che ne sarebbe derivata. Il progetto si portava dietro una serie di punti deboli che i sub degli anni ’70 avrebbero presto individuato (es. ridotta rigidezza strutturale dell’autorespiratore, possibilità di perdite pneumatiche a livello di tubazione di collegamento tra la parte inferiore e la parte superiore della rubinetteria, facilità di danneggiamento dei gusci esterni in plastica per i frequenti contatti con corpi esterni sia fuori dall’acqua che in immersione, ecc.). Tuttavia, al di là degli scarsi successi commerciali che questo autorespiratore avrebbe poi raccolto nei pochi anni di produzione, la sua importanza storica è legata soprattutto all’impiego che ne fece il comandante J. Y. Cousteau durante gli anni ’70 nei numerosi documentari subacquei prodotti in quel periodo (vedi Figura 2 e Figura 3).
Conoscendo le grandi capacità comunicative di Cousteau, che era un maestro nel coinvolgere emotivamente gli spettatori dei suoi documentari attraverso immagini altamente evocative, è probabile che l’idea del Raid sia stata suggerita o richiesta a Luigi Ferraro, fondatore della Technisub nonché Medaglia d’Oro dei mezzi d’assalto della Marina Militare Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, proprio dall’oceanografo francese. Tutto ciò grazie al rapporto di stima e di fiducia esistente tra Cousteau e Ferraro fin dalla fine degli anni ’50, quando entrambi si trovarono riuniti nel direttorio della neonata CMAS (Confederazione Mondiale delle Attività Subacquee). La forma del Raid ricordava infatti lo zaino degli astronauti delle missioni Apollo che, proprio in quegli anni, stavano calamitando l’attenzione del pubblico mondiale grazie alle varie missioni lunari che avevano portato l’uomo a calpestare per la prima volta il suolo di quel satellite.

Figura 2 Figura 3

Per dare ancora maggiore risalto all’idea e alle similitudini con le missioni spaziali, in alcuni documentari successivi il Raid e anche tutto il resto dell’attrezzatura subacquea erano stati verniciati con il colore argento dando vita a delle immagini veramente spettacolari (vedi Figura 4 e Figura 5).

Figura 4 Figura 5

Dopo anni di ricerche infruttuose, sono riuscito a trovare un esemplare di Raid per la mia collezione. Purtroppo, l’unità era priva di bombole e di alcune parti della raccorderia interna ed aveva i gusci esterni in plastica molto segnati da graffi, tagli superficiali ed aree senza vernice. Mancava anche il fregio centrale Technisub originariamente ricavato su un supporto in gomma (vedi Figura 6 e Figura 7). La cosa positiva era che tutta l’imbragatura originale compresi gli attacchi e le fibbie era completa ed in buone condizioni. L’esemplare era sprovvisto di erogatori e dello speciale manometro a frusta (opzionale su questo modello).
Dopo avere provveduto ad una pulizia approfondita dell’autorespiratore mi sono reso conto che l’impressione di oggetto “molto vissuto” restava, soprattutto per l’impossibilità di eliminare i vari danneggiamenti sui gusci in plastica. Mi sono così deciso di affidare i due gusci (quello nero interno e quello giallo esterno), alle cure di una autocarrozzeria, raccomandandogli di riportare le superfici dei rivestimenti ad una condizione perfetta come se fossero appena usciti dalla fabbrica. Il risultato di questo lavoro si può vedere nella Figura 8 e nella Figura 9.
Non potendo reperire un fregio originale in gomma Technisub, ho sostituito questo con un adesivo uguale in immagine e dimensione che ho trovato su ebay (vedi Figura 10). Per quanto riguarda le due scritte “Raid” poste sulle fiancate del guscio esterno, non avendo trovato nulla di originale, ho deciso di ricostruite queste parti stampando la scritta “Raid”, ricavata modificando l'immagine fotografica della scritta con Photoshop, su una speciale pellicola trasparente adesiva destinata alle stampanti da ufficio (vedi Figura 11).

Figura 6 Figura 7
Figura 8 Figura 9
Figura 10 Figura 11

Dopo l’applicazione di questi adesivi al guscio esterno il risultato finale si può apprezzare nella Figura 12. Il problema della mancanza delle bombole è stato risolto utilizzando quelle di un vecchio bibombola Technisub dei primi anni ’80 (vedi Figura 13).

Figura 12 Figura 13

Anche in questo caso le bombole sono state accuratamente pulite e riverniciate prima del montaggio finale. L’attività più impegnativa di tutto il lavoro di restauro è stata quella della ricostruzione delle parti mancanti della rubinetteria inferiore. Inizialmente ho tentato di trovare qualcuno tra collezionisti ed appassionati che avesse questi componenti disponibili come ricambi. Dopo mesi di infruttuose ricerche ho deciso di provare a farli costruire a disegno. Questi disegni sono stati sviluppati a partire dalle viste esplose di questo autorespiratore e da alcune foto che sono riuscito a rintracciare su Internet. A quel punto con calibro e micrometro ho eseguito numerose misurazioni sulla parte esistente della rubinetteria. Queste misure, confrontate con le foto dei particolari mancanti reperite in rete, mi hanno consentito di produrre dei disegni a mano che ho consegnato ad un tornitore per l’esecuzione dei pezzi in questione. I componenti così realizzati sono raffigurati nella Figura 14 e nella Figura 15.

Figura 14 Figura 15

Ora tutti gli elementi interni dell’autorespiratore potevano essere assemblati di nuovo ed il risultato è visibile nelle Figure 16, 17, 18 e 19.

Figura 16 Figura 17
Figura 18 Figura 19

Per completare l’autorespiratore, ho deciso di montare anche degli erogatori che erano quelli standard proposti da Technisub al momento del lancio del modello sul mercato e che avevo nella mia collezione, ovvero il monostadio Royal Mistral, come erogatore primario, e il bistadio a frusta singola Aquilon, come erogatore di rispetto. Entrambi i modelli di erogatore erano costruiti dall’azienda francese La Spirotechnique e distribuiti in Italia dalla stessa Technisub.
Dopo aver rimontato il guscio esterno, gli erogatori ed aver allestito uno specifico manichino con relativo supporto, l’autorespiratore completamente restaurato è mostrato nelle Figure 20, 21, 22, 23, 24 e 25.
Purtroppo, non sono ancora riuscito a reperire un esemplare del manometro originale Technisub che aveva un attacco speciale femmina e una frusta di piccolo diametro. Appena l’avrò trovato provvederò ad installarlo sull’autorespiratore in modo da avere la configurazione completa di questo “gioiellino” che andrà presto ad arricchire l’esposizione permanente dei pezzi della mia collezione privata.

Figura 20 Figura 21
Figura 22 Figura 23
Figura 24 Figura 25