RESPIRANDO SOTT'ACQUA DA UNA "LATTINA DI BIRRA"

Maurizio Baldinucci

 

Nell’universo di invenzioni e di proposte tecniche più o meno strampalate che fiorirono durante gli anni ’50 ad opera dei pionieri e delle prime industrie di attrezzature subacquee, sulla scia del successo e del grande interesse suscitato dall’autorespiratore Cousteau-Gagnan, un posto d’onore spetta senz’altro all’erogatore a doppio tubo “Viking”, costruito dalla Christensen Tool and Engineering Inc. di Norwalk, Connecticut, dal 1958 al 1960 (vedi Fig. 1 e Fig. 2) e al suo successore “Norseman”, prodotto dalla Aerotec Industries Aircraft Division di Greenwich, Connecticut, dal 1961 al 1963 (vedi Fig. 3 e Fig. 4).

 

Fig. 1 Fig. 2
Fig. 3 Fig. 4

 

Proprio per la forma unica della scatola di erogazione, questi erogatori a doppio stadio vennero battezzati dagli addetti ai lavori “beer can” ovvero lattina di birra.
La prima preoccupazione che avevano i progettisti dell’epoca era quella di inventare qualcosa che non violasse uno dei brevetti depositati dall’Ing. Emile Gagnan, a volte insieme a J. Y. Cousteau come nel caso degli autorespiratori CG-45 e Mistral, alle spalle del quale c’era la potenza finanziaria e commerciale de La Spirotechnique prima e della controllata U. S. Divers poi. C’erano quindi poche speranze che un modello in produzione con caratteristiche simili a quelli prodotti dalle due aziende prima citate sopravvivesse in caso di cause legali con esse.
E proprio queste limitazioni furono ben chiare al progettista James P. Fay quando ebbe quella che ritenne essere l’idea grandiosa che avrebbe risolto il problema del conflitto con i brevetti Cousteau-Gagnan e, allo stesso tempo, avrebbe assicurato prestazioni di rilievo alle sue invenzioni. L’”uovo di Colombo” di Fay era la “valvola Schrader” (vedi Fig. 5), ovvero la valvolina che ancora oggi ben conosciamo essere impiegata per il gonfiaggio dei pneumatici e anche nelle fruste di gonfiaggio (vedi Fig. 6) dei VIS dei giubbetti ad assetto variabile (GAV).

 

Fig. 5 Fig. 6

 

La valvola Schrader rappresenta indubbiamente una delle soluzioni tecniche più brillanti mai concepite visto che, a distanza di più di 120 anni dalla sua invenzione (vedi Fig. 7), è ancora ampiamente utilizzata nel mondo industriale (vedi Fig. 8).

 

fig. 7 fig. 8

 

Usando questa valvola, Fay si trovò ad avere a disposizione, in grandi quantità e a bassissimo costo, gli elementi fondamentali dei suoi autorespiratori i cui stadi di riduzione della pressione erano basati proprio su questa valvolina. Un altro vantaggio offerto dalla valvola Schrader consisteva nella piccola forza di azionamento da questa richiesta, valore che permetteva l’attivazione della fase di erogazione anche con valori contenuti dello sforzo inspiratorio e con una membrana di equilibrio che aveva una superficie utile nettamente inferiore a quella dell’Aqualung.
Fay si innamorò a tal punto di questa valvolina che presentò e depositò addirittura quattro brevetti basati sull’uso di questo componente fondamentale. Il primo di questi, numero 2.757.680 (Fig. 9), presentato il 31 Gennaio 1955, introduceva già la tipica forma cilindrica a lattina di birra del corpo dell’erogatore ed utilizzava due valvole Schrader, una nel primo stadio e un’altra nel secondo stadio. Il secondo brevetto, numero 2.939.456 (Fig. 10), presentato il 6 Agosto 1956, sarebbe stato quello della versione prototipale del Viking con addirittura tre valvole Schrader, due affiancate nel primo stadio e una nel secondo stadio. Di questo modello il brevetto già conteneva altre caratteristiche peculiari e cioè il meccanismo di commutazione tra erogazione a domanda ed erogazione continua (vedi Fig. 11), la vite di regolazione della sensibilità di inizio erogazione (vedi Fig. 12) e la presa della fonte d’aria alternativa (vedi Fig. 13 e Fig. 14) che restò una peculiarità unica di questo modello tra tutti gli erogatori a doppio tubo.

 

fig. 9 fig. 10

 

fig. 11 fig. 12
fig. 13
fig. 14

 

Il terzo brevetto, numero 2.939.471 (Fig. 15), presentato il 19 Giugno 1958, voleva essere una variante dei brevetti precedenti che, pur impiegando sempre le valvole Shrader come elemento funzionale principale degli stadi di riduzione (in questo caso tre per il primo stadio e una per il secondo stadio), proponeva una forma del corpo della scatola di erogazione più convenzionale e quindi, nelle sue intenzioni, di maggiore gradimento per un pubblico di subacquei ormai avvezzi ai canoni estetici dell’Aqualung.
L’ultimo brevetto, numero 3.050.076 (Fig. 16) presentato il 29 Dicembre 1960, oltre ad una ulteriore variante mai messa in produzione, descriveva una soluzione semplificata rispetto a quella impiegata nel Viking, senza la vite di regolazione della sensibilità di inizio erogazione e la presa della fonte d’aria alternativa.

 

fig. 15 fig. 16

 

I primi prototipi del Viking furono costruiti nel 1954, un anno prima che James P. Fay depositasse il primo dei suoi brevetti. Com’era consuetudine negli USA anche nei decenni successivi, a metà del 1955 il NEDU (Navy’s Experimental Diving Unit) condusse alcuni test su prototipi di questo autorespiratore. Questi test misero in luce alcuni problemi di funzionamento e di prestazioni che discuteremo più avanti. Fay, con il supporto del sommozzatore professionista George Swindell, introdusse alcune modifiche al progetto in modo da risolvere i vari problemi segnalati dal NEDU. Nel 1958, grazie alla Christensen Tool and Engineering Inc. di Norwalk, Connecticut, cominciò così la fase di produzione e di distribuzione di questo autorespiratore che veniva fornito con varie configurazioni di bombole, schienalini e imbragature, come mostrano le locandine pubblicitarie all’epoca utilizzate per pubblicizzare questo apparecchio (vedi Fig. 17, Fig. 18, Fig. 19, Fig. 20 e Fig. 21).

 

fig. 17

 

fig. 18 fig. 19

 

fig. 20 fig. 21

 

Sfortunatamente, nonostante le convinzioni e le aspettative dell’inventore, questo autorespiratore dimostrò evidenti limiti prestazionali, di affidabilità e di difficoltà di regolazione e di manutenzione tali da decretarne l’insuccesso commerciale e un volume produttivo limitato a 2500-2600 unità, per il modello Viking, e a circa 450 unità, per il modello Norseman.
Il motivo principale di questo insuccesso risiedeva proprio nella scelta della valvola Schrader come dispositivo di riduzione della pressione. Cerchiamo di capire il perché facendo un semplice confronto con quello che era l’erogatore di riferimento durante la metà degli anni ’50, il famoso Aqualung derivato dal brevetto Cousteau-Gagnan. Le leggi della fluidodinamica stabiliscono che il flusso volumetrico di un fluido (liquido o gas) attraverso un orifizio è direttamente proporzionale all’area di passaggio dell’orifizio stesso. Misurando quindi le dimensioni minime di passaggio del gas in una valvola Schrader (vedi Fig. 22 e Fig. 23) e confrontandole con quelle dei due riduttori di pressione dell’Aqualung (vedi Fig. 24 e Fig. 25), possiamo stabilire con una certa precisione il rapporto delle portate massime d’aria tra i due modelli di autorespiratore.

 

fig. 22 fig. 23

 

fig. 24 fig. 25

 

Il calcolo di questi rapporti indica che il primo stadio dell’Aqualung è in grado di smaltire il 46% circa in più di portata delle due valvole Schrader montate nel primo stadio del Viking ma, ciò che è più sorprendente, è il rapporto delle portate tra il secondo stadio dell’Aqualung e quello del Viking, dotato di una sola valvola Schrader, che è di 6,12.  Per cui l’Aqualung è in grado di fornire almeno 6 volte la portata d’aria del Viking! Ciò significava che, specialmente alle maggiori profondità e in situazioni di affanno, il Viking non era in grado di fornire aria sufficiente al subacqueo. Questo fu indubbiamente il “tallone d’Achille” del progetto di James P. Fay. Il problema era quella della sezione di passaggio del gas nella valvola Schrader che, specialmente nel secondo stadio, non era in grado di erogare tutta l’aria necessaria. Fay tentò di risolvere il problema sostituendo la valvola Schrader del secondo stadio con una valvolina avente una sezione di passaggio maggiore ma questa soluzione, richiedendo una molla più robusta e quindi forze di azionamento superiori, non era compatibile con la superficie della membrana di equilibrio e del relativo meccanismo di azionamento (vedi Fig. 26).

 

fig. 26

 

Un vicolo cieco quindi che, nonostante tutti gli sforzi e gli adattamenti tentati da Fay e dai suoi soci, decretò in breve la fine dell’avventura del Viking e del suo successore Norseman. La conoscenza delle leggi della fluidodinamica e semplici misurazioni e calcoli preliminari condotti su qualche apparecchio concorrente, avrebbero sconsigliato Fay nell’investire tutte le sue risorse nei brevetti basati sulle valvole Schrader. Questa differenza tra soluzioni tecniche, a volte apparentemente molto brillanti, e prestazioni attese, dovuta alle scarse conoscenze dei principi fisici, fu una costante di molti brevetti del periodo pionieristico della subacquea e delle loro conseguenti realizzazioni produttive.
Per quanto riguarda la scelta della valvola Schrader, James P. Fay avrebbe potuto fare ulteriori considerazioni che dovevano sconsigliare l’impiego di questo componente nell’ambito di una apparecchiatura destinata alla respirazione subacquea. Questi elementi, che furono anche loro in qualche modo responsabili dei numerosi problemi mostrati da questo modello di erogatore, erano i seguenti:

  • La valvola Schrader era costruita impiegando materiali metallici non dotati di caratteristiche o trattamenti protettivi atti a resistere alle tipiche situazioni ambientali incontrate durante le immersioni. L’eterna presenza di acqua salata, in misura più o meno elevata a seconda dell’impiego, avrebbe sicuramente compromesso in breve tempo la funzionalità della valvola.Un vicolo cieco quindi che, nonostante tutti gli sforzi e gli adattamenti tentati da Fay e dai suoi soci, decretò in breve la fine dell’avventura del Viking e del suo successore Norseman. La conoscenza delle leggi della fluidodinamica e semplici misurazioni e calcoli preliminari condotti su qualche apparecchio concorrente, avrebbero sconsigliato Fay nell’investire tutte le sue risorse nei brevetti basati sulle valvole Schrader. Questa differenza tra soluzioni tecniche, a volte apparentemente molto brillanti, e prestazioni attese, dovuta alle scarse conoscenze dei principi fisici, fu una costante di molti brevetti del periodo pionieristico della subacquea e delle loro conseguenti realizzazioni produttive.
  • Il numero di cicli di apertura e di chiusura di una valvola Schrader sono limitati ad un numero massimo compatibile con l’impiego principale per il quale la valvola è stata progettata, e cioè come dispositivo di gonfiaggio di pneumatici. L’elemento più sensibile rispetto al numero massimo di cicli è senz’altro la piccola molla di richiamo della valvola che, all’interno di riduttori di pressione di un autorespiratore subacqueo, sarebbe stata sottoposta ad un numero di cicli di azionamento ben superiori, con conseguente rottura della stessa.
  • L’elemento di tenuta conico della valvola è fatto di gomma ed è stato progettato per lavorare alle pressioni tipiche di gonfiaggio di un pneumatico (qualche bar). Al contrario, nel primo stadio di riduzione del Viking, la pressione differenziale agente su questo elemento di tenuta era ben maggiore e, verosimilmente, lo avrebbe danneggiato molto velocemente. Non a caso, il materiale di tenuta dei pistoni di alta pressione degli erogatori è molto più duro e resistente della semplice gomma.

La distribuzione del Viking sul mercato americano venne concessa alla Richard Sales & Associates di Philadelphia, Pennsylvania.
Il Viking venne prodotto in due varianti principali: la configurazione “full optional”, con leva di innesco della erogazione continua (vedi Fig. 27), e la versione senza tale leva, denominata “Sportsman” (vedi Fig. 28). Come si può notare confrontando la Fig. 19 con la Fig. 21, la differenza di prezzo tra le due versioni era di 20 $.
L’intera produzione del Viking e del Norseman venne completata con l’impiego di tubi corrugati (sia gialli che neri), di boccagli e di valvole unidirezionali forniti dalla U. S. Divers.
Alla fine della fase di produzione del Viking nel 1960, nonostante l’insuccesso commerciale dovuto alle numerose problematiche prima evidenziate (soltanto 2500-2600 unità prodotte contro le varie centinaia di migliaia dell'Aqualung nelle sue diverse versioni), la produzione di questo modello continua con il Norseman presso la Aerotec Industries Aircraft Division di Greenwich, Connecticut, produzione che collezionerà numeri di produzione ancora peggiori.

 

fig. 27 fig. 28

 

Il Norseman venne prodotto inizialmente in configurazione denominata “Professional”, identica al Viking “full optional” ma con tubi corrugati gialli (vedi Fig. 29). Di questa versione furono prodotte circa 250 unità.
Anche del Norseman venne prodotta la variante “Sportsman” (vedi Fig. 30) con tubi gialli e senza leva di innesco del flusso continuo. Questa è la variante in assoluto più rara tra i collezionisti poiché ne vennero costruiti non più di 20 esemplari.

 

fig. 29 fig. 30

 

L’ultima variante messa in produzione del Norseman fu la “Navy” destinata al Navy Department Bureau of Ships nel 1962. Questa versione, costruita in circa 150 esemplari, era sprovvista sia di leva per l’innesco dell’autoerogazione, che di attacco per la fonte d’aria alternativa (vedi Fig. 31). Era dotata di tubi corrugati neri e di due lamierini cromati con la scritta “INTAKE” ed “EXHAUST” in corrispondenza delle connessioni con i tubi rispettivamente di inspirazione e di espirazione (vedi Fig. 32). Lo scopo di queste scritte era quello di evitare che il primo stadio dell’erogatore venisse montato erroneamente sulla rubinetteria della bombola ruotato di 180°.

 

fig. 31 fig. 32

 

Purtroppo, a causa delle problematiche tecniche prima descritte, non risulta che questo erogatore sia stato di fatto impiegato operativamente dalla marina americana. Qualche anno dopo la fornitura del 1962, gran parte dei Norseman Navy furono acquistati in blocco da privati a prezzi stracciati durante varie aste di materiale militare in surplus.

Per tutte queste ragioni l’erogatore “lattina di birra” non fu altro che una delle tante meteore che brillarono e presto si spensero nel firmamento delle invenzioni di attrezzature per la respirazione sottomarina dei favolosi anni ’50, periodo mitico di pionieri, di grandi esploratori e di una subacquea che, pur nella sua ingenuità ed immaturità, sapeva coinvolgere tanti appassionati dotati di entusiasmo e di inventiva.
Oggi i “lattina di birra” sono diventati pezzi rari, molto ambiti dai collezionisti di tutto il mondo.

 

________________