RESTAURO DELL'AUTORESPIRATORE AD ARIA "TADPOLE" PRODOTTO DALLA SIEBE GORMAN & CO. LTD by Maurizio Baldinucci

Inviato da Anonimo il Dom, 10/15/2023 - 11:23

Come collezionista di materiale subacqueo storico SCUBA, sono sempre stato affascinato da quelle attrezzature che videro la luce nei primissimi anni di vita della cosiddetta subacquea sportiva, periodo che indica la nascita delle immersioni SCUBA con l’introduzione sul mercato, nel 1946, del primo autorespiratore ad aria Cousteau-Gagnan. La vera diffusione di massa di questa nuova attività si sarebbe concretizzata nei decenni successivi, quando queste attrezzature sarebbero state ampiamente distribuite in varie parti del mondo e quindi disponibili per migliaia di appassionati. Questi modelli, oltre ad essere normalmente rari, soprattutto per il numero molto esiguo di unità prodotte, racchiudono un mondo di soluzioni tecniche originali, spesso fantasiose, quasi sempre poco consistenti ed efficaci ma sicuramente affascinanti per un appassionato di tecnica e tecnologia come me. Tra le soluzioni proposte nei primissimi anni della nascita delle immersioni SCUBA, una di quelle di cui non ero mai riuscito a reperire informazioni e documentazioni fotografiche sufficienti, è l’autorespiratore ad aria “Tadpole”, prodotto dall’azienda inglese Siebe Gorman dal 1948 al 1960. Di questa unità, il cui nome “Tadpole” (che in inglese significa Girino) era stato coniato non dall’azienda produttrice ma piuttosto dagli utenti di questo apparecchio, riferendosi in particolare alle bombole corte e tozze che ricordavano proprio la forma del corpo di un girino, non avevo grandi testimonianze ad eccezione dell’articolo pubblicato da Bob Campbell nel numero 39 (estate 2006) della rivista Historical Diving Times, edita dalla HDS - UK. Lo stesso appellativo sarebbe stato impiegato anche per identificare altre unità SCUBA che usavano le stesse bombole, bombole che erano utilizzate nei sistemi di respirazione aria-ossigeno installati su vari aerei militari della Seconda Guerra Mondiale. Dopo la fine della guerra c’era una grande disponibilità di questo materiale nei magazzini militari a costi molto bassi. Del resto, la produzione di bombole di capacità, forma e caratteristiche ottimali per le immersioni SCUBA non era ancora partita in quegli anni e pertanto queste unità, che avevano una capacità di circa 6 litri e potevano essere caricate al massimo a 125 bar, rappresentavano una scelta obbligata per chi voleva costruire i primi autorespiratori ad aria. Come si può vedere dalle informazioni fornite nei cataloghi della Siebe Gorman, questo apparecchio veniva proposto come soluzione per immersioni professionali a bassa profondità, in alternativa all’attrezzatura classica da palombaro. Nelle immagini tratte da uno di questi cataloghi (vedi Figura 1 e Figura 2) si noterà infatti che il “Tadpole” era abbinato al tipico equipaggiamento per immersioni commerciali (scarpe zavorrate e muta pesante) che appunto prevedevano che l’operatore subacqueo camminasse sul fondo anziché nuotare con le pinne ai piedi. Anche la maschera mostrata nei cataloghi era esclusivamente quella di tipo “granfacciale” normalmente impiegata nelle immersioni di tipo commerciale ed inizialmente simile a quella usata dagli operatori dei “Chariots” inglesi (praticamente una copia dei Siluri a Lenta Corsa italiani o SLC) durante le missioni di sabotaggio dei porti nemici durante la fase finale della Seconda Guerra Mondiale. L’azienda inglese infatti, così come molte altre realtà commerciali legate al mondo delle immersioni professionali, non aveva ancora intuito le grandi potenzialità di mercato che potevano essere realizzate offrendo queste attrezzature anche al vasto pubblico. Questa opportunità ed il seguente cambio di rotta nelle strategie commerciali per la commercializzazione di questi prodotti, intuite ed applicate per primo proprio da Cousteau, avrebbero contagiato anche la Siebe Gorman, ma soltanto diversi anni dopo. Non avendo mai visto durante le mie numerose navigazioni in rete alcuna testimonianza di apparecchi “Tadpole” presenti in collezioni private o in aste di materiale subacqueo storico, quando ho notato l’offerta di vendita di un esemplare di questo apparecchio da parte di un collezionista francese, ho cercato immediatamente di accaparrarmelo e, fortunatamente, ci sono riuscito.
 

Figura 1
Figura 2

Purtroppo, l’esemplare in questione era sprovvisto del primo stadio di riduzione della pressione, della cinghia ventrale e del boccaglio originale (sia per la parte metallica che per quella in gomma). La parte di imbragatura superiore (spallacci) era stata ricostruita in maniera professionale utilizzando strisce di cuoio e relativa ferramenta (vedi Figure 3, 4, 5 e 6). Tuttavia, mi servivano informazioni più dettagliate sui particolari di questo autorespiratore per poter decidere una soluzione di restauro efficace e consistente.

Figura 3 Figura 4
Figura 5 Figura 6

Il collezionista francese da cui avevo acquistato il “Tadpole”, mi aveva suggerito di entrare in contatto con alcuni membri di HDS – UK i quali potevano avere informazioni sugli eventuali esemplari esistenti da cui poter trarre le informazioni che mi servivano. Questo tentativo si è subito rivelato fruttuoso tant’è che mi sono realmente stupito della collaborazione ottenuta dal personale di HDS – UK che ha messo immediatamente a mia disposizione il curatore del loro museo di attrezzature subacquee storiche. In particolare, mi è stata fornita una ampia documentazione fotografica dell’esemplare del “Tadpole” presente nel museo di HDS – UK (vedi Figure 7, 8, 9 e 10), documentazione da cui ho potuto ricavare le preziose informazioni necessarie per la fase successiva di restauro e ricostruzione del mio esemplare. L’editore della loro rivista si è addirittura offerto di pubblicare gratuitamente nella edizione primaverile 2023 della rivista Historical Diving Times un annuncio per la ricerca di un primo stadio del “Tadpole” che avrei potuto poi acquistare per reintegrare quello mancante sul mio esemplare.

Figura 7 Figura 8
Figura 9 Figura 10

Purtroppo, l’annuncio sulla rivista di HSD – UK non ha prodotto nessuna risposta ad oggi e quindi ho pensato a come poter ricostruire il primo stadio mancante. Non avendo però alcun disegno costruttivo di questo componente, ho pensato a lungo alle diverse soluzioni. Tra queste, quella che mi è sembrata più adatta nell’ottenere un qualcosa di molto simile all’originale, non soltanto dal punto di vista estetico ma anche da quello del funzionamento e dei componenti interni, è quella descritta qui di seguito.
Qualche tempo fa avevo acquistato per la mia collezione un modello di autorespiratore ad ossigeno prodotto dalla Siebe Gorman dagli anni ’20 fino alla fine degli anni ’50. Questo apparecchio è il “Salvus” (vedi Figura 11 e Figura 12) che veniva proposto per una varietà di applicazioni, tra le quali quelle di attrezzo protettore per la respirazione in miniera o per fumi causati da incendi ma anche per la respirazione di ossigeno puro durante le tappe di decompressione all’interno delle campane iperbariche impiegate nelle immersioni commerciali. Quest’ultimo tipo di impiego è descritto in dettaglio nell’articolo di Ginge Fullen pubblicato nel numero 76 della rivista Historical Diving Times edita da HDS - UK. Il “Salvus” è stato per lungo tempo usato anche dalla Marina Inglese che, per le applicazioni subacquee, ne impiegava una versione leggermente diversa (pattern Ammiragliato 3485), come mostrato nella Figura 13 e nella Figura 14.

Figura 11 Figura 12

Ciò che cambiava nettamente nella versione subacquea rispetto a quella “terrestre” era il sacco polmone, posto intorno al collo anziché sul fianco sinistro dell’operatore, e l’imbragatura che aveva anche una cinghia inguinale. Al contrario, tutta la parte meccanica restava sostanzialmente uguale tra le due configurazioni. Confrontando i due riduttori di pressione, quello del primo stadio del “Tadpole” (vedi Figura 15) e quello del “Salvus”, posto tra bombola e l’assieme sacco polmone-filtro della calce sodata (vedi Figura 16), mi sono accorto che queste due versioni erano molto simili sia come dimensioni generali che come allestimento dei componenti interni. Questa conclusione è suffragata anche da considerazioni logiche: producendo entrambi i modelli nello stesso periodo, la Siebe Gorman aveva tutto l’interesse a standardizzare il più possibile i componenti dei prodotti della gamma per ovvi motivi di economia di scala e di semplificazione della produzione. La maggiore differenza tra le due versioni di riduttore di pressione consiste nel meccanismo di by-pass, integrato nel primo stadio del “Salvus” (vedi Figura 16 e Figura 17) e separato mediante rubinetto e tubazione esterna nel “Tadpole” (vedi Figura 18).

Figura 13 Figura 14
Figura 15 Figura 16
Figura 17 Figura 18

Lo schema di funzionamento interno di questo tipo di riduttore di pressione è mostrato nella Figura 19. Si tratta di un classico riduttore di pressione a membrana ad offerta con pressione in uscita regolabile, derivato da quelli impiegati nei sistemi di saldatura a gas. Nello schema si può apprezzare anche la disposizione del sistema di by-pass posto tra l’uscita della bombola e la connessione a valle del riduttore. Questa soluzione era utilizzata spesso su questi apparecchi per vari motivi (fornire un flusso di gas addizionale nei casi in cui la portata attraverso il riduttore si rivelava insufficiente, costituire un sistema alternativo di erogazione di gas in caso di blocco del riduttore, consentire l’impiego di tutto il gas contenuto nelle bombole, ecc.). Nelle applicazioni subacquee il by-pass veniva spesso usato anche per eliminare l’acqua penetrata all’interno dei tubi corrugati, nei casi in cui il boccaglio veniva volontariamente o accidentalmente tolto dalla bocca. Pertanto, per poter convertire il riduttore del “Salvus” in una versione compatibile con il “Tadpole” avrei dovuto eliminare il meccanismo di by-pass integrato nel corpo inferiore del riduttore e ricostruire il tratto di tubazione a monte del riduttore con relativo raccordo di dimensioni inferiori. Si trattava poi di aggiungere un prigioniero sul tappo inferiore di chiusura del vano di alta pressione per poter assicurare il riduttore al telaio portante del “Tadpole” con relativo dado (vedi Figura 20).

Figura 19 Figura 20

Questa operazione è stata portata a termine con l’aiuto di una officina specializzata in lavorazioni meccaniche che, dopo aver rimosso il meccanismo di by-pass del primo stadio del “Salvus”, ha innestato il terminale con il raccordo di collegamento compatibile con la rubinetteria del “Tadpole” e ha ricostruito completamente il tappo in ottone sul lato alta pressione con l’aggiunta del codolo filettato provvisto di dado esagonale che serve ad assicurare il primo stadio al telaio dell’autorespiratore (vedi Figura 21 e Figura 22). Il primo stadio, così modificato, è stato quindi montato sull’unità completa, come mostrato nella Figura 23 e nella Figura 24.
Dopo aver cercato inutilmente un ricambio originale del boccaglio (come si vede dalle foto del “Tadpole” conservato nel museo di HDS - UK questo era realizzato in metallo ed incurvato) ho deciso di tentare personalmente di ricostruire questo pezzo in modo che fosse il più possibile uguale all’originale. Per cominciare ho cercato e trovato su ebay un tubo di ottone con diametro esterno da 25 mm (circa 1 pollice) e spessore di 1 mm. Infatti, sapevo bene che le dimensioni di questi tubi a quei tempi erano normalmente espresse in pollici e, misurando altri boccagli in metallo appartenenti a diversi esemplari di erogatori a doppio tubo, questi avevano tutti diametro esterno pari a 1 pollice. Anche per la scelta del materiale del tubo non c’erano dubbi: questo, come gran parte dei componenti metallici di quelle attrezzature, erano fatti in ottone, materiale di facile lavorazione meccanica ed intrinsecamente resistente alla corrosione marina.

Figura 21 Figura 22
Figura 23 Figura 24

Il taglio a misura del tubo secondo le dimensioni richieste è stato effettuato mediante una semplice tagliatubi a rotella (vedi Figura 25), uguale a quelle impiegate dagli idraulici per la costruzione degli impianti di riscaldamento domestici. Questo attrezzo è concepito per effettuare tagli molto precisi su materiale non troppo duri quali appunto il rame, l’alluminio e l’ottone. Il problema della curvatura che dovevo imprimere al boccaglio è stato risolto mediante l’impiego di una piegatubi manuale anche questa disponibile su ebay a prezzi accessibili. Questa attrezzatura è in grado di piegare tubi di diverso diametro e spessore fino al diametro massimo di 25 mm. La bordatura che normalmente avevano questi boccagli sulla parte terminale per impedire che i tubi corrugati si sfilassero durante l’impiego, anche dopo essere stati stretti da opportune fascette, poteva essere realizzata usando una bordatrice manuale anch’essa disponibile su ebay a prezzi modici (vedi Figura 26). Questa attrezzatura si usa prevalentemente per bordare le tubazioni rigide degli impianti di condizionamento delle automobili ma può essere efficacemente impiegata anche per i nostri scopi. La parte centrale del boccaglio, dove doveva essere montata la parte terminale in gomma, avrebbe potuto essere realizzata sempre a partire dal tubo di ottone da 1 pollice, sagomata adeguatamente mediante schiacciamento in morsa, e poi saldobrasata al corpo del boccaglio metallico dopo aver ricavato su questo pezzo, mediante apposite frese per lavorazioni metalliche e per utensili multifunzione tipo Dremel, una apertura adeguata e delle stesse dimensioni della suddetta parte centrale (vedi Figura 27, Figura 28 e Figura 29).

Figura 25 Figura 26

La saldobrasatura è più semplice ed accessibile di altre forme di saldatura perché richiede torce molto più semplici ed economiche e temperature di lavoro molto più basse. Questo processo, del resto, è lo stesso impiegato a suo tempo per realizzare questi componenti. L’insieme completo dei materiali e delle attrezzature impiegate per la ricostruzione del boccaglio è mostrato nella Figura 30.

Figura 27 Figura 28
Figura 29 Figura 30

Dopo aver realizzato il boccaglio, ho voluto sperimentare un tipo di verniciatura con effetto simile alla cromatura galvanica. Il risultato, che ho ritenuto accettabile, mi ha permesso di evitare di dover spedire il pezzo per la cromatura presso una ditta specializzata con i relativi costi e tempi di attesa. Non dovendo resistere nell’ambiente salino tipico di una immersione subacquea, ho pensato che questa soluzione fosse compatibile con l’impiego del componente per soli scopi espositivi. Il risultato finale può essere ammirato nella Figura 31 e nella Figura 32.

Figura 31 Figura 32

L’altro elemento mancante nell’esemplare acquistato dal collezionista francese era il cinturone ventrale che, dalle foto ricevute da HDS - UK, era costruito mediante un nastro in tela di tipo militare di larghezza pari a 63 mm (circa 2,5 pollici). Sul nastro era poi montata la classica fibbia di chiusura e degli occhielli in bronzo per la sua regolazione in funzione delle dimensioni del subacqueo e dello spessore della muta indossata. In aggiunta, si poteva notare l’esistenza di uno specifico cuscinetto imbottito, anch’esso realizzato in tela, da inserire nella zona centrale tra il cinturone e la struttura portante dell’autorespiratore, in modo da evitare fastidiosi contatti tra questa e la schiena dell’operatore (vedi Figura 33). Anche in questo caso tutto il materiale necessario (vedi Figura 34) è stato reperito su ebay e alla fine si è trattato di un lavoro prevalentemente di taglio e di cucito. Il risultato finale si può apprezzare nella Figura 35 e nella Figura 36.

Figura 33 Figura 34
Figura 35 Figura 36

Sempre osservando le differenze tra il mio esemplare e quello del museo di HDS – UK, ma anche sulla base delle conoscenze acquisite durante precedenti restauri di autorespiratori prodotti dalla Siebe Gorman, ho constatato che le fascette a vite usate per stringere i collegamenti tra i tubi corrugati posti tra secondo stadio e boccaglio e tra i tubi di sezione ridotta, posti tra rubinetto di by-pass e secondo stadio e tra primo e secondo stadio, sono state aggiunte successivamente e sono diverse dalla soluzione originaria.  Questa era costituita da legature fatte con fili di rame, strette con una pinza e a volte sigillate ricoprendole con nastro in gomma auto-vulcanizzante. Per il collegamento tra boccaglio in gomma e terminale a T si usava invece un filo in materiale tessile che poi veniva sigillato con resina epossidica (vedi Figura 37, Figura 38, Figura 39 e Figura 40 tratte da un precedente restauro di un autorespiratore Siebe Gorman EssJee Aqualung MK I).

Figura 37 Figura 38
Figura 39 Figura 40

Ho così deciso di usare le stesse tecniche anche sul mio esemplare di “Tadpole” ottenendo i risultati che sono mostrati nelle Figure 41, 42, 43, 44, 45 e 46. Come si può notare dalle figure suddette, nella ricostruzione ho impiegato il boccaglio in gomma originale del “Salvus” con la scritta “Siebe Gorman e Co. Ltd London” e provvisto di cinghia di ritenzione al collo (che era uno standard su molti autorespiratori subacquei di quel periodo) e di tappo di chiusura in gomma con cavetto di collegamento al corpo del boccaglio stesso.

Figura 41 Figura 42
Figura 43 Figura 44
Figura 45 Figura 46

Nella Figura 42 è ben visibile il raccordo ad “Y” che veniva impiegata per l’eventuale alimentazione dell’autorespiratore dalla superficie (Narghilè). Sono stato ora in grado di riassemblare completamente l’unità con i materiali ed i componenti modificati o ricostruiti ed il risultato finale può essere contemplato nelle Figure 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53 e 54.

Figura 47 Figura 48
Figura 49 Figura 50
Figura 51 Figura 52
Figura 53 Figura 54

Questo lavoro di restauro è stato lungo, complesso e anche piuttosto costoso e ha comportato la necessità di sacrificare parzialmente un esemplare di “Salvus” per ottenere i componenti da modificare e utilizzare sul “Tadpole”. Tuttavia, sono convinto che ne sia valsa la pena con la consapevolezza e la soddisfazione di aver riportato uno dei pochi esemplari ancora esistenti di questo autorespiratore ad una condizione molto simile a quella originaria e di renderlo così disponibile per tutti gli appassionati della storia dell’immersione subacquea che avranno la possibilità di visitare la mia esposizione permanente di Gubbio.


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