LOUIS BOUTAN - IL BOTANICO CHE HA SPALANCATO LE PORTE ALLA FOTOGRAFIA SUBACQUEA

ANDREA CAMPEDELLI

 

Le macchine fotografiche ipertecnologiche ma anche una semplice go-pro ci permettono di documentare ogni giorno il magico paesaggio sottomarino, è una realtà a cui siamo ormai abituati. Ci siamo arrivati, passo dopo passo, in poco più di un secolo e lo dobbiamo a Louis Boutan, biologo ottocentesco che partendo dal voler ritrarre dei molluschi finì per diventare il pioniere della fotografia subacquea. Boutan era uno scienziato avventuroso e già all'età di 21 anni aveva intrapreso un viaggio nel continente australiano per studiare l'embriologia marsupiale. E fu questo suo carattere particolare che, piuttosto di stare tra le strette mura di un laboratorio lo portò a studiare la natura all’aperto, sul campo. La sua vita ad un tratto cambiò quando decise di tornare in Francia e incominciò a  interessarsi alla vita dei molluschi marini. Fa la sua prima immersione nella baia di Banyuls-sur-Mer, un piccolo villaggio di pescatori vicino al confine spagnolo nel sud-ovest della Francia, e subito intuisce che per i suoi studi era essenziale ottenere una memoria di ciò che viveva laggiù. Come conseguenza inizia ad esplorare diverse possibilità atte al suo scopo, nonché quello che prometteva la fotografia.

Louis Boutan si immerge nelle acque di Banyuls-sur-Mer.

Louis Boutan si immerge nelle acque di Banyuls-sur-Mer
(da La Photographie Sous Marine)

A quel tempo, correva l'anno 1886, la fotografia aveva già compiuto mezzo secolo di storia da quando Louis Daguerre aveva introdotto il suo apparecchio. Nonostante tutti gli innumerevoli  progressi tecnici, il processo per ottenere un'immagine richiedeva ancora l’uso di lastre di vetro o metallo attentamente calcolate, sostanze chimiche e tempi di esposizione particolarmente lunghi. In poche parole, qualcosa di estremamente complicato e complesso da poter replicare sott'acqua. Tanto che nel suo famoso libro, La Photographie Sous-marine et Les Progrés de la Photographie, ha menzionato tutti i suoi dubbi: "Un ambiente sottomarino non è certamente il più adatto per scattare delle buone fotografie". A dire il vero, Boutan non è stato realmente il primo a sperimentare la fotografia subacquea, difatti questo primato spetterebbe a Sir William Thompson, un avvocato inglese che tre decenni prima, armato d’ingegno e remando fino al largo di Weymouth Bay nel Dorset, calò in acqua una camera a lastre di vetro al collodio umido contenuta all'interno di una scatola stagna di legno. Ma anche se Thompson fu in grado di far scendere a cinque metri sottacqua la sua attrezzatura, l'esperimento non andò del tutto bene. Infatti, sebbene fosse riuscito a scattare la prima fotografia subacquea al mondo, questa mostrava solo dei brutti e torbidi toni grigi ma niente di distinguibile.

L’OSSESSIONE
Torniamo a Boutan, il quale sapeva molto bene che se voleva far apprezzare appieno al grande pubblico lo spettacolo che offriva il mondo sottomarino doveva superare due grandi ostacoli: la pressione e la luce. Pertanto, assieme a suo fratello ingegnere, costruisce con una scatola di rame resa impermeabile un prototipo di una fotocamera azionata tramite una leva, il tutto compensato da un palloncino di gomma che andava poi collegato alla macchina attraverso un tubo. Sfortunatamente, anche se poteva sembrare una bella idea, nella realtà l’esperimento non funzionò. I risultati si rivelarono uguali a quelli ottenuti da Thompson anni prima: "macchie e nuvole uniformi e niente di definito". Dopo questo insuccesso le idee di Boutan diventano sempre più stravaganti, fino al punto che progetta una fotocamera dove le lastre sensibili si trovano direttamente esposte all’acqua dell'oceano. Ma allora, di cosa c'era bisogno perché si potesse ottenere un immagine dai contorni ben definiti? Cosa serviva? Queste erano le domande che lo ossessionavano continuamente.

Due operatori lavorano a cinque metri di profondità per riparare la telecamera di Boutan.

Due operatori lavorano per riparare la fotocamera di Boutan
(da La Photographie Sous Marine)

LA SVOLTA
Per prima cosa Boutan rende la lente della sua nuova fotocamera astigmatica per compensare la rifrazione causata dall’acqua. In secondo luogo, la custodia contenente la fotocamera viene forgiata in ferro e non più in rame. Purtroppo, queste novità hanno portato all'aggiungersi di alcune complicazioni. Difatti, per spostare tutto il dispositivo servivano non meno di tre uomini sulla terraferma e poi un sistema a pulegge per poterlo immergere. Per quanto riguarda invece la nuova lente, questa non poteva più semplicemente essere messa a fuoco puntando verso il fondo del mare, ma andava posizionata una lavagna contenente un testo a una distanza fissa dall'obiettivo e poi regolata su di essa la messa a fuoco. Inoltre, lo stesso Boutan per mettere in posizione la macchina e scattare la fotografia doveva immergersi indossando una attrezzatura da palombaro. L'apparato era suddiviso in tre parti: il supporto, la cassetta contenente la fotocamera, la zavorra per stabilizzare il tutto, che andava calato pezzo per pezzo. Una volta collocato sul punto previsto, per mezzo di una corda si segnalava alla superficie di iniziare a misurare il tempo di esposizione, poi a tempo scaduto l’assistente ritirava la corda, facendo capire a  Boutan che poteva chiudere l’obiettivo della fotocamera. Alla fine, terminata tutta questa macchinosa operazione, sia lui che tutta l’apparecchiatura potevano essere recuperate in superficie dove veniva estratta la lastra per lo sviluppo.

                         

BOUTAN con una dei suoi prototipi di custodia subacquea   

 

      Un disegno di come Boutan si è tuffato per scattare le fotografie.
     Un disegno di come Boutan scattava le prime fotografie   


                  Autoritratto dello stesso Louis Boutan a una profondità di 6 metri.

                     Autoritratto dello stesso Louis Boutan a sei metri di profondità
                                                 (da La Photographie Sous Marine)                                                                  

LA LUCE
Dopo aver risolto i problemi inerenti alla fotocamera, Boutan doveva affrontare il problema più grande, ovvero la luce. Insieme all'ingegnere elettrico M. Chaufour realizzano quello che oggi potrebbe essere considerato un flash subacqueo, utilizzando una bottiglia di vetro contenente ossigeno e un filo di magnesio. Questo flash veniva attivato tramite una scarica di corrente e non era sicuramente il massimo, infatti oltre ad essere imprevedibile dato che la luce poteva essere oscurata dal vapore o brillare in modo non uniforme, rischiava pure di esplodere a causa della reazione chimica tra i vari elementi. Ma dopo vari tentativi e altrettanti fallimenti, Boutan alla fine raggiunge l'impossibile. Costruisce due di queste lampade subacquee alimentate da batterie con un'autonomia di ben mezz'ora, sufficienti a soddisfare il suo scopo. Per avere un'idea di cosa tutto ciò comportasse,  basti pensare che per ricaricare le batterie occorrevano 70 ore, utilizzando un generatore collegato ad un motore a vapore.

IL RISULTATO FINALE
Ed eccoci al 1893, quando Boutan con tutto il suo materiale inizia a scendere sul fondale marino, dove a una profondità di una decina di metri e dopo più di un'ora il miracolo si compie. Recuperato il tutto non restava che verificare tramite lo sviluppo il risultato ottenuto e con grande entusiasmo ci si rese subito conto che l'immagine risultava molto nitida e ben distinguibile.

Dopo la pubblicazione di un notevole album di fotografie scattate intorno ai dieci metri di profondità, Boutan continuò il suo lavoro perfezionando sempre più l'attrezzatura e la propria tecnica. Tanto che nel 1899 questa sua continua ossessione per la ricerca lo portò a scattare alcune fotografie alla riguardevole profondità di 50 metri, utilizzando per l’illuminazione delle lampade ad arco da lui create.
Ormai la strada della fotografia subacquea era stata indicata chiaramente.

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      BOUTAN - 1893 - raffigurazione del campo attrezzato
      sotto acqua.  Una delle prime foto sub risultate nitide.
          (Archive Photographique du Laboratoire Arago                                                                                                                       

A conclusione di tutto ciò va sottolineato come Boutan, nel corso della sua incessante sperimentazione, abbia prodotto fotografie fino allora  mai viste, scattandosi persino un autoritratto sott'acqua. Ma la cosa più curiosa di tutta questa intricata avventura sta nel fatto che una volta raggiunto il successo, si ritirò a dipingere murales subacquei e a scrivere libri. Quell'immaginazione da cui era stato accompagnato per tutta la vita aveva reso ciò che vedeva nella sua testa, per qualche ragione, più straordinario di quello che mostravano le sue fotografie.

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