MAXIME FORJOT - Il francese visionario che reinventò la maschera da sub

ANDREA CAMPEDELLI

 

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Maxime Forjot

La storia di Maxime Forjot ci insegna più di tutte come alcuni degli oggetti più semplici che trovano posto nelle nostre borse da immersione abbiano subito nascite burrascose. La storia inizia quando Forjot, causa la salute cagionevole del figlio, si trasferisce a Nizza sul mare della Costa Azzurra. Questo ben presto lo portò ad amare fortissimamente la vita di mare e soprattutto a interessarsi a ogni cosa che riguardava il mondo sottomarino. In questa sua continua ricerca, nel 1934 un bel giorno lesse di giovani Tahitiani che pescavano sott'acqua con delle lunghe lance e che per individuare meglio le loro prede si servivano di occhialetti fissati alla testa con un cordino. Dopo questa lettura  Forjot, anche se profano, intuì subito che gli occhialini, coprendo per loro natura solo gli occhi, erano a causa della pressione relegati solo alle basse profondità. E se dei semplici nativi della Polinesia potevano pescare in questo modo, pensò che sarebbe stato possibile fare ancora meglio.
 

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Occhialini Indossati da pescatore polinesiano

Altre fonti da cui s’ispirerà vengono dal pioniere delle immersioni subacquee Le Prieur, più precisamente dalla maschera del suo respiratore. E da Alexandre Kramarenko, un espatriato di origine russa fondatore della United Service Agency e del marchio Le Fusil Americain, impegnato in quegli anni a copiare gli occhiali tahitiani. Dopo varie osservazioni l’idea conclusiva: se gli occhiali fossero stati estesi tanto da includere anche il naso, il subacqueo sarebbe stato in grado di compensare la crescente pressione semplicemente soffiando nello spazio morto della maschera. Per prima cosa, da questa idea di base, decise di realizzare quella che chiamò "maschera per il viso". Per far questo, ingaggia un certo Megean, un operaio specializzato, per aiutarlo a costruire un calco di gesso della sua testa con la stessa tecnica di quando si realizzano maschere mortuarie. Fatto ciò, i due sono stati in grado di realizzare uno stampo su cui hanno versato della gomma, producendo cosi un anello di gomma sagomato che si adattava perfettamente al viso del Forjot. Su quest’anello montano poi un vetro in modo da coprire sia il naso sia entrambi gli occhi, lasciando libera solo la bocca. Un'altra condizione essenziale era quella di permettere al subacqueo di nuotare guardando verso il fondo. Per rispettare tale presupposto e collegare il subacqueo con la superficie, adottarono un tubo sagomato di gomma di circa 20 cm, dove a un'estremità fu posto un boccaglio da stringere tra i denti. Il tubo fu poi fissato davanti il vetro della maschera da una clip metallica attaccata al bordo della maschera stessa. Questo design, che potrebbe sembrare arcaico, in realtà è utilizzato ancor oggi nelle competizioni di nuoto pinnato per le sue proprietà idrodinamiche superiori rispetto a uno snorkel montato lateralmente. Dopo questo lungo lavoro, nel dicembre del 1938 Forjot e Megean finalmente furono in grado di registrare il loro brevetto. La maschera soprannominata "l'œil marin", l'occhio marino.
 

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Brevetto maschera del 1938

 

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Bollettino per il salone internazionale del 1939
 

Mentre prendono forma le prime maschere, l’attenzione dei due si rivolge presto al perfezionamento di un fucile subacqueo. In quello stesso periodo il russo Kramarenko ne aveva appena brevettato lungo 1,8 metri, dove la molla durante il caricamento dell’asta veniva compressa. Questo era sì dotato di una grande potenza, ma a causa della sua lunghezza era pure molto difficile da gestire. Forjot subito dopo si presentò invece con un fucile a molla più corto, che però funzionava nel modo inverso: la molla era fissata alla parte anteriore della canna e si estendeva quando veniva caricata l’asta. Questo sistema, che si dimostrò sostanzialmente più efficace e affidabile, fu introdotto su tutti i futuri modelli di fucili Douglas, nome prescelto dal duo Forjot e Megean per la vendita. Realizzati in diverse lunghezze, i fucili Douglas erano disponibili con un tutore per il braccio e un mulinello e per i viaggiatori era pure possibile averne una versione pieghevole.
 

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Pubblicità del fucile Douglas
 

Nel 1939 Forjot si arruola nell'aeronautica e, come buon patriota, offre la sua maschera alla Marina, che in seguito verrà adottata pure da Jacques Cousteau come parte del suo nuovo apparato subacqueo. In realtà la mobilitazione nelle forze armate Francesi dura poco. Difatti, già nel luglio del 1940 Forjot torna a Nizza e scopre che le sue invenzioni erano state copiate. Questo era l'inizio di un incubo che sarebbe durato vent’anni, dove Forjot cercherà di proteggere con diverse azioni giudiziarie le sue creature. Purtroppo, i suoi avversari disponevano sia di fondi maggiori sia di migliori avvocati e finirono per logorarlo. Incapace di finanziare costosi brevetti internazionali, alla fine dovette abbandonare la lotta sotto la pressione esercitata dai grandi produttori di attrezzature subacquee. Questa situazione instaurò un circolo vizioso che alla fine portò Forjot, rovinato da questa continua contesa, a cedere il suo marchio alla concorrenza. Nel 1956 registrò un altro brevetto che andava a coprire dei miglioramenti al design originale della sua maschera, in particolare la cinghia per la testa divisa e la doppia guarnizione del facciale. Questi accorgimenti, anche se oggi possono sembrare banali e scontati, sono in sostanza lo standard delle maschere subacquee moderne.
 

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Brevetto maschera del 1956
 

Scomparso nel 1986 all'età di ottantatré anni, non c'è dubbio che Maxime Forjot abbia dato con i suoi prodotti un contributo rilevante all'adattamento dell'uomo al mondo sottomarino.

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